Le lezioni si sono chiuse, i ragazzi ci hanno (più o meno) malinconicamente salutato; qualcuno di noi li rivedrà a settembre, altri sono certa stiano piantando i semi per nuovi incontri, immaginando e già custodendo occhi che ancora non hanno incrociato.
Nel numero di luglio di Mythoi, era contenuta l’intervista al prof. Marcello Tempesta, pedagogista, che ha offerto un respiro e uno sguardo sulla nostra professione di cui fare tesoro sempre.
Il docente: colui che testimonia la nostalgia del significato
E ripenso a Baudelaire, alla sua “nostalgie du pays qu’on ignore”, quella lontananza da qualcosa che non possediamo ancora e nemmeno abbiamo mai incontrato. Una nostalgia a ritroso, impossibile.
Eppure, nella mia personale esperienza – di studio e di insegnamento – così come a quella di tutti i giovani volti che ho avuto davanti, mi dico che è questa nostalgia ciò che regge i muri delle nostre scuole; è questa la certezza che ci ha affiancato mentre, spesso sfiniti in questi ultimi due anni scolastici, parlavamo a una ventina di riquadri digitali.
L’esilio non cancella il riverbero di quel che è prima e oltre l’esilio, anzi fa di quei riverberi una presenza insieme dolorosa e necessaria
(Antonio Prete, Trattato della lontananza)